Quando sentiamo parlare di “acidificazione dei mari“, istintivamente capiamo che non è una cosa buona. Una frase che contempla la parola “acido” in relazione all’acqua, ci mette subito in allarme. Cosa succede però, brevemente, quando parliamo di acidificazione marina?

Immagine da corriere.it
Gli oceani assorbono la CO2…
E questo è un bene o meglio, lo sarebbe, perché contribuisce a mettere un freno alle conseguenze dell’effetto serra. Gli oceani assorbono quasi un quarto di tutta la CO2 rilasciata nell’atmosfera. Peccato che però, aumentando a dismisura il rilascio della CO2, i nostri mari diventano soggetti a rischio, mettendo in pericolo la vita marina e di conseguenza, la pesca. Per farla breve, le acque diventano sempre più acide.
Riuscite a immaginare la causa prima di tutto ciò?
Detto che le variazioni delle emissioni della CO2 sono sempre avvenute, mai si sono però incrementate così tanto come nell’era industriale e grazie alle attività umane. Di conseguenza, l’impennata decisa delle acidificazioni degli oceani.
La misurazione del PH
Qui ovviamente non ci impantaniamo in discorsi chimici veri e propri, lasciandoli a chi se ne occupa professionalmente. Diciamo però che è risaputo che, in una scala che va da 0 a 14, passiamo da uno stato molto acido (lo zero) ad uno non acido o alcalino/basico.

Per vedere con una formula che cosa succede nei nostri mari, potete fare riferimento ad un articolo esplicativo pubblicato da progetto recuperi.
I nostri oceani hanno normalmente un PH di 8,2 e gli esperti ritengono che, difficilmente, possa scendere al di sotto di 7. Sappiamo però che, in natura, alterare gli equilibri, anche di poco, potrebbe portare a conseguenze drammatiche.
Acidificazione dei mari – Le conseguenze
Partiamo dal presupposto che, circa il 25 % dell’habitat delle specie marine note, vivono nelle barriere coralline. Ecco, queste sono le prime a rischio in un mare acidificato.

Alcune specie, come i crostacei per esempio, sono a rischio per la riduzione degli ioni carbonato, essenziali per i gusci calcarei.
E ancora, e ci riguarda da vicino, tutto ciò che riguarda il fitoplancton, da cui la produzione del 50 % dell’ossigeno che respiriamo. Il fitoplancton è l’insieme di tutti i microrganismi fotosintetici che vivono negli ambienti acquatici, siano essi di acqua dolce o salata.
I microrganismi che compongono il fitoplancton sono alghe cellulari e cianobatteri. Si trovano soprattutto negli oceani, negli strati superficiali, in pratica fino a dove possono captare la luce solare. In quanto autotrofi, svolgono un ruolo fondamentale nel ciclo del carbonio e quindi nel rilascio di ossigeno nell’atmosfera, con conseguente influenza diretta sul clima. Se volete leggere qualcosa di approfondito al riguardo, vi consiglio questo articolo di chimica on line.

Non dimentichiamoci poi che, in tutto questo gioco impazzito dell’acidificazione dei mari, rientrano tutte le specie animali che vivono il mare, i pesci e la vegetazione, con conseguenze dirette sulla catena alimentare marina ed umana.
Bene, ormai sappiamo che l’obiettivo sarebbe cominciare a ridurre drasticamente i consumi e l’immissione della CO2 nell’atmosfera. Questo però richiederebbe un cambio repentino del paradigma sul quale si è basata l’esistenza umana, non aggiustamenti o blandi escamotage per lasciare tutto com’è.
Un cambio drastico richiederebbe soprattutto amore, coraggio e una visione più spirituale della vita. Siamo veramente pronti a questo?
La risposta non è facile. Nel frattempo potete leggere qualche articolo stimolante, qui di seguito.