Di fronte all’allarme lanciato ormai da decenni in merito alla catastrofe climatica in corso, ci si aspetterebbe massima attenzione politica nel merito, stimolata dalle richieste pressanti di una cittadinanza matura e consapevole.
Questo non avviene.
Come abbiamo però già sottolineato in altri post, essendo il disastro climatico dovuto ad inquinamento e surriscaldamento, fenomeni che non si riescono ad associare direttamente e immediatamente alle intemperie del clima, le persone rimangono concentrate sui problemi quotidiani.
Economia, gas e bollette
Vincono loro, le bollette, perché rappresentano il problema immediato, quello più vicino all’esigenza di sopravvivere. Vince il bisogno del gas, che rimane una della cause dei problemi del clima, ma che serve a soddisfare i bisogni produttivi quotidiani, quelli che poi consentono di pagare le bollette.
Vince l’economia per come è stata pensata, cioè un insieme di azioni basate sul consumo e la competitività, che parte dal presupposto di “un tutto” disponibile in natura senza un limite al quale sottostare. Un loop infinito che aspira sempre alla crescita dei consumi e diventa chiaramente insostenibile.
Le sciagure climatiche di questi giorni
In giro per il mondo ne sono successe di tutti i colori, con tragedie territoriali la maggior parte delle quali passate un po’ in secondo piano per via delle concomitanti guerra degli uomini e crisi energetica.
Mentre si discuteva di questo, buona parte del mondo ha dovuto fare i conti con tempeste terribili, uragani, inondazioni devastanti.
Ricordiamo le Marche, ma anche le devastazioni in Florida, in Corsica, in zone del sud est asiatico, in Australia e perfino nell’isola di Creta. Nella maggior parte dei media, citofonare alla voce “brevi citazioni”.
Qualcosa che ha dell’incredibile. Date un’occhiata a questo filmato relativo all’isola greca.
Uragani e tempeste, in numero sempre crescente, sono legati ad oceani sempre più caldi e ad una conseguente maggiore quantità di vapore acqueo nell’atmosfera.
Il professor Kerry, dell’Institute of Technology of Massachusetts, che si occupa di uragani, ha dichiarato come da più di trent’anni si stia denunciando il problema, che starebbe incrementandosi come oggi stiamo purtroppo vedendo.
Gli appelli troppo spesso caduti nel vuoto
Nel mondo ci sono persone che cercano di divulgare la comprensione di questo problema. Sono persone che hanno una visione altruista dell’esistenza. Sono individui che rispettano maggiormente il luogo che li ospita e non sono avvelenati da un arrivismo egoista senza fine.
Queste persone non hanno nella testa la guerra, il possesso forzoso, la fame di potere.
Queste persone sono meteorologi, climatologi, geologi, sono associazioni, come i ragazzi di Friday for Future.
Sono personalità come il Dalai Lama, sono insegnanti, attori, professionisti, artisti, scrittori.
Sono tanti altri individui comuni che non vogliono più un mondo così cieco, insensibile e avvelenato.
Nell’ultimo libro di Greta Thunberg, la giovane attivista per il clima e il Dalai Lama invitano i cittadini a seguire e sostenere idee politiche che mettano al primo posto il clima, in quanto problema urgentissimo e vitale per la sopravvivenza della specie.
Una specie vivente troppo spesso governata però da persone che vivono in un certo agio e hanno, mettiamola così, non troppi interessi a cambiare una condizione che gli ha comunque consentito un certo benessere.
Tutto ciò sempre per il solito motivo, ossia che il problema clima, pur grave, non riguarderà immediatamente e in maniera preponderante le loro vite. Quelli che verranno dopo, pazienza.
Il popolo non è sensibile al problema
Per quanto detto prima, il popolo difende la propria sopravvivenza, le proprie comodità, e affronta i problemi immediati che lo minacciano. Poco importa se quelle abitudini quotidiane e quelle comodità sono alla base del clima impazzito. E poco importa se quel clima impazzito è alla base di molti problemi respiratori, cardiaci e tumorali, per dirne alcuni.

Si impreca quando l’alluvione si porta via le auto e i beni accumulati in una vita; si accusano i governanti per non aver fatto abbastanza nel pulire i fiumi o per ritardi nei soccorsi, si cerca sempre all’esterno la causa dei problemi. Che spesso sono reali, sia ben inteso.
Non si riflette però quasi mai allargando l’analisi e si cerca la colpa altrui per non guardare sé stessi. Non vogliamo scoprire di essere co-responsabili del problema.
Che le nostre abitudini siano dannose dovrebbe essere ormai di dominio comune, se solo si avesse la bontà di ascoltare gli esperti, meteorologi, climatologi, geologi, biologi, medici, gli studiosi dei comportamenti delle persone e del mondo.
Catastrofe climatica e politica sembra non vadano molto d’accordo
In periodo elettorale, l‘argomento clima lo si è sentito appena accennare e perlopiù come contorno, quasi come “un qualcosa che va di moda” più che un qualcosa di importantissimo e da affrontare subito, senza esitazioni.
Doveva/dovrebbe essere in cima ad ogni altra cosa, e invece è stato un accenno, dovuto più che sentito.

Domanda:
Perché allora il popolo, all’ennesima campagna elettorale che ha snobbato il problema o solo blandamente accennato, ha ritenuto di premiare questo o quello e non ha protestato per la poca attenzione generale per la questione climatica?
Risposta:
Perché per il popolo, non è il problema fondamentale, non riguarda l’immediato.
Il popolo non riesce a percepirne l’impatto sul suo quotidiano. Che invece c’è, è presente, provoca per esempio ingenti danni materiali, malessere, malattie.
E poi perché il popolo difficilmente può rinunciare alle proprie modalità di vita e quindi la politica, sapendo tutto ciò ed avendo il polso della situazione, gli dà esattamente quello che chiede, cioè, altro.
La guerra e il problema energetico
Guerra e problemi energetici sono problemi reali del nostro quotidiano per come lo abbiamo impostato, non vi è alcun dubbio. Non è questo il luogo in cui minimizzare la cosa. Ogni transazione necessita di una certa gradualità per essere effettuata.
Essendo però l’allarme lanciato da molti decenni, qualche dubbio sulla volontà di affrontare seriamente la cosa è lecito averlo.
Detto ciò ed estremizzando la disamina, se noi esseri umani fossimo rispettosi dei problemi climatici e sensibili ai ritmi del pianeta in quanto “sistema finito, nel senso di non infinito” e non spolpabile, oggi non avremmo nessuna guerra di potere in atto e nessun bisogno senza fine di energia inquinante.
Noi esseri umani siamo però degli animali a tutti gli effetti, nonostante il narcisismo ci porti a volerci elevare e distinguere da questi ultimi per via di quella “ragione” di cui siamo dotati.
Per prevaricare, dominare, controllare gli altri e accumulare, dimentichiamo che tutto ciò che in natura prendiamo per soddisfare i nostri bisogni e capricci, non ci appartiene veramente.
Con arroganza abbiamo deciso essere cosa nostra tutto ciò che ci circonda, ma questo è parte di un sistema complesso a disposizione di circa nove milioni di specie diverse presenti sull’intero pianeta, il 25% delle quali immerse negli oceani.
Può esserci un punto di svolta all’interno della nostra specie?
Guardandosi intorno, vedendo i proclami politici, la rincorsa alle armi costante, le guerre, il maltrattamento del pianeta, il menefreghismo diffuso, verrebbe da dire di no.
La nostra specie dovrebbe essere messa in grado di comprendere a fondo il problema.
Dovremmo essere informati da persone competenti, fino ad esigere – senza sé e senza ma – che la questione climatica venga messa al centro dei programmi. E tutto il resto, adattarsi in funzione di questa.
Con la consapevolezza acquisita dai cittadini, la politica sarebbe costretta a marciare nella direzione della sostenibilità tassativa e del consumo ridotto delle risorse della terra.
Cari signori, noi non possiamo più vivere in un mondo che produce in continuazione. Bisogna quindi studiare un sistema che sostenti le persone con un reddito base, impiegando poi le risorse umane solamente in attività tassativamente sostenibili.
Il cosiddetto lavoro deve diventare progressivamente solo sostenibile.
Alzarsi al mattino per fare qualsiasi cosa, spinti a volte da esigenze che rasentano la disperazione, ed andare poi a provocare danni all’ambiente (e a sé stessi) forse anche basta.
Quale civiltà è questa?
Lo dicevamo tempo addietro: se oggi vivi con dieci maglioni nell’armadio, domani dovresti farcela con quattro. È così terribile? Tieni presente che fa anche più caldo.
Mi si consenta una parentesi personale, che può aiutare nella comprensione
Sapete quando avviene un cambiamento? Quando subentra nella nostra vita una paura più grande di quella che ci relega nella stasi.
La paura di cambiare, che ci blocca in un’area di comfort, viene scalzata via da una paura più grande. E allora si cambia.
Ho avuto un problema al cuore, molto serio. Chiesi al primario se, dopo l’intervento, fossi stato costretto per tutta la vita a delle rinunce, ad assumere anticoagulanti ed altri farmaci per poter sopravvivere. Lui mi rispose così:
“Può sempre scegliere di vedere le margherite dalla parte delle radici“
Il mio compromesso per la vita dura da tredici anni, quindi si può fare e ben vengano i quattro maglioni.
Catastrofe climatica e politica, catastrofe climatica e politica, catastrofe climatica e politica