Chi guida il cambiamento

Chi guida il cambiamento?

Ormai siamo in tanti ad essere consapevoli dei disastri ambientali e dei nostri dannati comportamenti distruttivi. Dobbiamo cambiare, lo sentiamo dire da più parti, ma la domanda è una: Chi guida il cambiamento?

Prendiamo in prestito il pensiero di una mente illustre

Diceva il buon Albert Einstein:

“Non possiamo risolvere i problemi utilizzando lo stesso modo di pensare di chi li ha creati”.

einstein, albert einstein, genius-3913496.jpg

In questa frase potrebbe già annidarsi una prima scrematura, la messa al bando cioè di quelle menti o di quelle forme mentali che hanno portato il pianeta al collasso.

Può pertanto un certo modo di pensare consumistico, una certa tipologia di essere umano, essere funzionale ad un pianeta equilibrato? Può una forma mentale egoista e mediamente distruttiva avere a cuore il rispetto degli altri e del habitat?

Il problema è l’equilibrio

La nostra esistenza dovrebbe essere un equilibrio perfetto tra materia e spirito, in un mondo ove specie diverse si sono adattate e sono state funzionali ad un equilibrio vitale.

Chi guida il cambiamento

L’uomo, con la sua riconosciuta intelligenza, ha tradito questa condizione, alterando il sistema e mettendo in pericolo non solo sé stesso, ma tante altre forme di vita presenti.

E allora, chi guida il cambiamento?

Ecco quindi la domanda che si riallaccia all’illustre pensiero di Albert Einstein: questo sistema basato sul consumo e sullo sfruttamento delle persone, che attribuisce valore non alla vita in quanto tale, ma alla produzione di qualunque cosa, può essere la base solida sulla quale cambiare il modo di intendere la nostra esistenza?

Possono le persone – o ancora meglio – i concetti economici che hanno portato a consumare a metà anno l’intera produzione globale di un anno intero, essere alla base di un reale cambiamento?

Possono essere queste le menti funzionali al rallentamento dello sfruttamento delle risorse ed alla rivalorizzazione della vita per quello che è, e non per quello che produce?

E infine, può un sistema basato solo sulla competizione e sul consumo essere da traino a nuove indispensabili necessità per l’auspicata rinascita collettiva?

Equilibrio o brutta fine

La domanda iniziale, relativa al “chi guida il cambiamento“, non può di certo trovare una risposta qui, tra queste righe. La vicenda è complessa. Se non cambiamo però le basi sulle quali impostare la nostra quotidianità, difficilmente potremmo uscire da questo pantano.

Chi guida il cambiamento

L’equilibrio del pianeta non può essere basato sullo sfruttamento scriteriato delle risorse, soprattutto per tutto ciò che è superfluo. Questo sistema basato non sulle reali necessità di tutti e sul valore della vita, ma sul lavoro ad ogni costo, ha prodotto diversità sociali e privazione della libertà, ma anche e soprattutto un vero e proprio disastro ambientale.

Vogliamo ricordare il post legato ai significati delle parole lavoro ed economia? Leggilo qui.

Produrre di meno e redistribuire le ricchezze

Abbiamo già dedicato diversi pensieri al valore ambiguo della parola crescita. Nel ventre di questa abusata parola e del suo sconsiderato utilizzo, si nascondono molti mali del nostro tempo. Avere, avere, avere sempre di più, accumulare senza ritegno, correre come matti per arrivare velocemente ovunque, in poco tempo, e soddisfare spesso bisogni futili.

“L’egoismo non consiste nel vivere come ci pare ma nell’esigere che gli altri vivano come pare a noi”.

Oscar Wilde

Dobbiamo ritornare all’essenziale, riconsiderare le necessità, togliere dal vocabolario l’espressione “tempo libero“, perché l’esistenza di queste due parole ci dice una cosa semplice: non siamo liberi.

E dobbiamo trovare un modo per stabilire, privilegiare e premiare il necessario, penalizzando pesantemente tutto ciò che è superfluo, il capriccio.

Vi racconto una storiella vera, che rende perfettamente l’idea del nostro mondo:

Un rivenditore di auto prende in carico il veicolo di una cliente per un controllo. Necessita di una serie di pezzi per effettuare la riparazione e deve riconsegnare tassativamente l’autovettura alle ore 17.
Sfortunatamente, al magazzino ricambi interno manca un pezzo per eseguire quella revisione; la cliente è però una di quelle importanti, membro di una famiglia di rango, e deve quindi essere soddisfatta assolutamente. La giornata parte in salita: il magazzino ricambi, per accelerare i tempi, comincia a sondare alcuni distributori locali per trovare velocemente il pezzo mancante, ma niente da fare: sfortunatamente, non si trova.

La svolta

Nel primissimo pomeriggio, quando ormai le speranze sono ridotte al lumicino, quell’articolo viene trovato. Il pezzo è però a centocinquanta chilometri di distanza dalla concessionaria.
È ormai passato il mezzogiorno.
Non potendo aspettare i tempi di un corriere per effettuare la spedizione, le due parti in causa si accordano: un dipendente del distributore si metterà in macchina e porterà il pezzo velocemente alla concessionaria.

Il cliente ha sempre ragione…

La concessionaria non bada a spese per quel trasporto, perché il cliente da soddisfare è troppo importante. L’autista parte a passo sostenuto e porta il pezzo a destinazione: 150 km per andare, 150 km per tornare, rischiando del suo, perché il motto “fai presto, ma vai piano” non ha mai funzionato.
Il pezzo arriva a destinazione, viene preso in carico dall’officina della concessionaria e in tutta fretta montato. L’auto è pronta cinque minuti prima della consegna: hanno partecipato alla vicenda almeno una decina di persone, sbraitando, correndo e anche rischiando qualcosa di personale.
La cliente arriva alle 17 e 30, cioè mezz’ora dopo la prevista consegna; paga quanto dovuto e prima di salire in auto, dichiara a tutti la propria fretta:
“Vado, grazie a tutti, perché stasera ho una cena al mare con le amiche”.

Era solo un esempio

Niente di personale verso la signora o verso il sacrosanto diritto di ognuno di passare il proprio tempo come meglio crede.

Il punto è un altro: possiamo ipotizzare che questo modo di intendere la vita, la società, sia una delle componenti che ci hanno portato a perdere l’equilibrio con la natura?

Tutto questo circo impazzito può considerarsi la base dalla quale hanno preso forma le temperature elevate, il clima impazzito, le coltivazioni massive, gli allevamenti intensivi, l’inquinamento, la frenesia, la rabbia, la paura in generale e le diversità sociali?

earth, destruction, environment-1839348.jpg

E allora, chi guida il cambiamento?

Possiamo fermarci e veramente ripensare il nostro stile di vita? È possibile pensare di farlo almeno per le generazioni a venire?

Possiamo pensare di farci rappresentare politicamente da persone che hanno questo nobile obiettivo come primo punto basilare dei loro programmi e non parole stantie e pericolose quale crescita, lavoro scriteriato e consumi smisurati?

E in ultimo ma non per ultimo, possiamo pensare di promuovere il rispetto ed il valore del respiro, della vita di un individuo, a prescindere dalle cose materiali o intellettuali da esso prodotte?