Fuga dal lavoro

Fuga dal lavoro e stereotipi di cartone

Una sorta di “ribellione al sistema” comincia a delinearsi in buona parte del mondo: la fuga dal lavoro. È un post crudo, antipatico, che toccherà le coscienze di molti e farà letteralmente incazzare altri.

A questo fenomeno in continua espansione, si accompagnano le inevitabili prese di posizione stereotipate e bacchettone di certa cultura conservatrice. Quella che storicamente vorrebbe curare senza capire il fenomeno.

Partiamo dalla parola “Stereotipo”

Dalla lingua greca:

  • Stereòs – Solido o Duro
  • Typos – Immagine o Impronta

Parliamo quindi di una impronta o di una immagine piuttosto rigida, diciamo pure impenetrabile. Avete presente – per esempio – quelle frasi fatte del tipo “i cinesi copiano tutto” oppure “sanno solo copiare”. Ecco, banalità così, salvo poi scoprire che hanno scoperto o inventato (ma non si inventa niente, al limite si trasforma) un sacco di cose: la bussola, prima di Cristo, la carta, la porcellana, la carta igienica, perfino i nostri adorati spaghetti, tanto per citarne alcune.

Big Quit, la “grande fuga” dal lavoro (e non solo) # ...

Ecco, gli stereotipi si accaniscono in ogni dove; nel nostro caso si sono infilati prepotentemente anche in quel fenomeno che in America chiamano “Big Resignation” o più semplicemente “Big Quit“.

Gente che molla tutto e vuole cambiare vita

Dati del “Bureau of Labor Statistics Usa” ci dicono che milioni di americani hanno abbandonato spontaneamente il lavoro da Luglio a Ottobre del 2021; e che a Dicembre, qualcosa come 4,3 milioni di persone hanno detto basta.

Proseguendo nel bailamme incontrollato dei luoghi comuni, lo studio della “Harward Business Review” ci dice una cosa interessante: la stragrande maggioranza di coloro che mollano rientra nella fascia che va dai 30 ai 45 anni. Oltre il 20%, tra il 2020 e il 2021.

Il fenomeno non è perciò legato ai giovani – che ne sono comunque coinvolti – ma è generalizzato. Trovare un demone, un nemico, in questo caso un presunto fannullone, fa sempre molto comodo per non vedere il problema nel suo insieme. Condannare serve a non fare i conti con sé stessi e con i propri sensi di colpa. Ma andiamo avanti.

Fuga dal lavoro – Ricerca spasmodica delle spiegazioni

Sempre per cercare di non guardare la realtà negli occhi, si parte dal paradigma che, il sistema che abbiamo attuato, sia il migliore possibile. Quando provocatoriamente scrivevo che sarebbe d’uopo una carta costituzionale globale, sottintendevo la necessità proprio di un cambio paradigmatico. Si pensi a qualcosa del tipo:

La popolazione terrestre è una grande comunità fondata sul rispetto delle diversità e sulle attività essenziali alla vita”.

Alla luce di questa utopia, torniamo nell’ombra dei nostri ordinamenti sociali. Si diceva, la ricerca delle motivazioni alla fuga dal lavoro.

Come sempre, la mentalità che ha creato il problema della grande fuga cerca di trovare una giustificazione, colpevolizzando naturalmente il fuggitivo. E allora via con la lista della spesa: “È stato il Covid…la gente è impazzita…i giovani non vogliono fare sacrifici…non si trovano più i camerieri…etc…

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Qualcosa di condivisibile c’è ovviamente, è un dato di fatto, ed è anche vero che molti hanno detto basta o non prendono in considerazione certe opportunità.

Fuga dal lavoroL’analisi dell’agenzia Randstad

Fornisco qualche dato tratto da “Economy magazine“. L’elenco delle motivazioni è relativo a persone che hanno lasciato il lavoro senza avere un’alternativa.

  • Rapporti con i colleghi e i responsabili – Eccessiva pressione, mancanza di condivisione degli obiettivi, assenza di comunicazione, scelte non meritocratiche.
  • Contenuto del lavoro – Voglia di qualcosa di più stimolante
  • Valori aziendali – Necessità di compatibilità con la loro identità
  • Retribuzione – Più per i profili senior
  • Tempo – Amplificata durante il lock down la scoperta del tempo libero
  • Crescita – Mancanza di opportunità di crescita aziendale
  • Specializzazione – Bisogno di formazione
  • Clima aziendale – Il Lockdown ha aumentato l’esigenza di un buon ambiente. La presenza di stress è elemento di ribellione. Al trinomio Stress – Malattia – Violenza probabilmente dedicherò un capitolo in futuro.
  • Lavoro da remoto – Piaciuto a molti
  • Desiderio di cambiare – Aprirsi a qualcosa di nuovo e cercare nuove sfide

Sono tutte motivazioni condivisibili, che partono però sempre dal presupposto che il nostro paradigma sociale sia il migliore possibile. Ossia, si cercano delle motivazioni che non demoliscano il nostro impianto prestabilito.

Si presti però molta attenzione ad alcuni di questi punti: Il tempo, il clima, il lavoro da remoto, il desiderio di cambiare.

Tentiamo una sortita oltre la punta del nostro naso

Il presupposto di questo blog e di questo post, è uno: questa epoca consuma ogni anno quasi due volte quello che la natura ci riesce a dare. Per i più distratti, la terra produce 100 e noi consumiamo circa 170, in aumento. Andiamo sempre a debito: deforestazioni, consumo del territorio e delle materie prime, ecosistemi etc. Se vuoi leggere qualcosa sull’Overshoot Day, dai un’occhiata a questo post.

Questo significa – e ci arriva anche un bambino – che si produce troppo e che produrre troppo mette in pericolo tutti. Un bambino lo capisce e dato che sono almeno quarant’anni che gli esperti lo dicono, anche molte giovani generazioni di conseguenza lo hanno capito. E i grandi? Di meno, spesso per niente, citofonare economie insostenibili, guerre e surrogati vari.

Fuga dal lavoro
Si può continuare a ritenere la crescita economica un valore aggiunto?

Torniamo agli stereotipi. Il vecchio modo di pensare, quello dei fatturati ad ogni costo, della crescita costante, della produzione, eccetera eccetera, non riesce a capire che questo sistema non può continuare. Questo sistema inquinante, oltre ad essere irresponsabile, sta portando milioni di persone ad abbandonarlo. Ora qualcuno dirà, “affari loro, che muoiano di fame”. Bene, finché il fenomeno è limitato, la scrollatina di spalle ci sta, se però diventa imponente, costringe a rivedere la struttura sociale ed economica.

Capire le esigenze altrui

Non importa quale sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché il vaso, per molta umanità, era già pieno. Non importa se sia stato il Lockdown, l’aumento della temperatura, una ritrovata coscienza ambientale, la follia della guerra; qualunque sia l’evento ultimo scatenante, questi movimenti ci dicono che per molte persone la vita, il tempo, sono le ricchezze più importanti, ed esigono una società fondata su valori diversi.

Fuga dal lavoro

Qualcuno deve cominciare ad accettare l’idea che, passare l’esistenza intera rinchiuso dentro un capannone, in un bar o in un ristorante, e uscire da lì un giorno alla settimana o quindici giorni all’anno per le ferie, è una condizione inaccettabile.

Qualcuno deve capire che, alzarsi ogni giorno per fare o produrre cose che palesemente contribuiscono al degrado ambientale, è una responsabilità troppo grande da portare sulle spalle e da lasciare ai posteri.

Qualcuno deve cominciare ad accettare che ci sono persone che si stanno chiedendo il perché un po’ di libertà venga concessa loro solo in età avanzata, quando le forze fisiche e mentali sono ormai ridotte o compromesse. Qualcuno potrebbe perfino considerarlo stupido.

Qualcuno poi dovrebbe iniziare ad accettare l’idea che la bella auto e la super villa, per molti, non sono più simboli di cui vantarsi e per cui vale la pena sacrificare la propria vita.

E sarebbe il caso, infine, di cominciare a raccontare perché lo stress è la causa scatenante di molti malesseri e malattie, e molte persone non ne vogliono più sapere.

La guerra è l’apice di ogni malessere e un segnale da non sottovalutare

In ogni situazione bisogna cercare di capire le motivazioni ad agire, il punto di vista altrui, non cercando il comportamento buono o quello cattivo, ma quello adattivo o non adattivo. Le persone che cercano un modo di vivere alternativo spesso si vergognano di dire qualcosa di diverso da ciò che è stato deciso dal sistema, divenuto credenza e propinato come corretto. Si vergognano e hanno paura di dire semplicemente che la loro vita merita più rispetto. Si vergognano perché sono cresciuti seguendo certi schemi comportamentali indotti, che non hanno scelto, e che sono stati imposti da altri.

Bambino a scuola - TuttoDisegni.com

Nell’elenco sopra riportato, tra le motivazioni all’abbandono, probabilmente molti avrebbero semplicemente voluto dire che vogliono essere liberi o più liberi. E non lo hanno fatto sempre per via di quegli stereotipi di cui si diceva, per non essere etichettati e ghettizzati in quanto diversi. Oggi potremmo dire bullizzati. Hanno però manifestato un disagio, un bisogno, che non significa essere fannulloni, ma semplicemente poter disporre maggiormente della propria vita.

Venendo alla cruda attualità e volendo trovare un legame, possiamo dire che una guerra, una mattanza, per quanto possa essere spinta da motivazioni ed essere portatrice di cambiamenti, è sempre il fallimento di un sistema. Una guerra è l’apoteosi dello stress che diventa violenza, ed i segnali dati da un mondo stanco di certe dinamiche sociali, non dovrebbero essere sottovalutati o peggio ancora banalizzati.

Possiamo e dobbiamo affrontare la necessità di pace prima di tutto, poi l’esigenza impellente di un calo delle produzioni e dei consumi nel rispetto dell’ambiente; in ultimo, ma non ultimo, il soddisfacimento del crescente bisogno di libertà e di salute delle persone.

Molti giovani ci sono già arrivati…

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