Il cambiamento climatico dovrebbe essere il nostro pensiero comune, la sfida di tutti, ciò che richiede un’azione collettiva senza sciocchi litigi ideologici, troppo spesso frutto dell’ignoranza (non sapere, non conoscere). Ebbene, il cambiamento climatico spiegato da un esperto vero è quello che dovremmo tenere presente per agire di conseguenza e capire ciò che si può fare e soprattutto, quello che si deve cominciare a non fare più.

Uno dei più grandi esperti del settore è Luca Mercalli, climatologo e divulgatore scientifico, che con costanza e mi permetto di dire, santa pazienza, continua a spiegare concetti scientifici in modalità semplificata, per far sì che un po’ tutti si cominci ad essere sensibili e maggiormente responsabili di fronte a cambiamenti sempre più invadenti e invalidanti. Il cambiamento climatico spiegato da un esperto vero
Per dare un piccolo contributo alla divulgazione, metterò a margine del post il link al video pubblicato dalla pagina “Europa verde” il 22 Maggio 2023. Facciamo così, trascrivo di seguito le prime parti della conversazione, e se l’argomento vi interessa, vi andrete a godere tutto il video. Il cambiamento climatico spiegato da un esperto vero
Alluvione in Romagna. Ma come, si parla di siccità, e poi il disastro lo provoca l’acqua?
Intervistatore – Possibile che questi due eventi meteorologici siano collegati in qualche maniera?
Mercalli – In realtà non lo sono a livello prettamente di fenomeno, uno è l’opposto dell’altra. La siccità è un fenomeno lento che va a crescere nel corso di mesi, addirittura di anni. Infatti la siccità della regione alpino padana ha più di un anno di estrinsecazione, perché comincia nel dicembre del 2021.
Tutto il 2022 ha visto meno di un terzo della pioggia che doveva cadere tra le Alpi e la Pianura Padana, ed è proseguita sostanzialmente fino a tutto marzo. Ad aprile 2023 abbiamo cominciato ad avere le prime piogge, là, che hanno in parte alleviato la siccità agricola – cioè quella che riguarda i primi centimetri superficiali del suolo – mentre non hanno ancora eh toccato quella siccità delle falde profonde, che ci metteranno mesi per ricaricarsi.

Perché sono state messe sotto stress da dall’anno precedente senza acqua, e poi, improvvisamente, ecco arrivare una precipitazione violenta, che quindi non ha un legame. È stata una configurazione meteorologica completamente diversa.
Ha ceduto quel sistema meteorologico bloccato da oltre un anno che impediva il passaggio delle grandi perturbazioni sul nord Italia, e ne è arrivata una all’inizio di maggio, (uno, due e tre maggio) che ha generato sulla Romagna delle precipitazioni nell’ordine di duecento, duecento cinquanta millimetri in un paio di giorni.
E arrivano così la prima alluvione, e una seconda
E questa ha creato prima alluvione. Un fatto che è già stato giudicato record da un punto di vista della statistica biometrica.
Un’alluvione come quella dell’inizio di maggio si sarebbe dovuta verificare – in media -una volta ogni cinquant’anni, quasi ogni cento anni. Citiamo un caso precedente, quello del maggio del 1939.
A questo punto subentra il secondo episodio, ed è qui forse l’aspetto particolarmente importante di questa concatenazione di eventi.

Il fatto è che in due settimane si sono generate due alluvioni record nella stessa zona. Questo sicuramente ci fa pensare, perché non fa altro che confermare quello che gli scenari climatici ci dicono da trent’anni, e cioè che il riscaldamento globale rende più frequenti e più intensi gli eventi estremi, addirittura da farli convivere.
Perché fino alla metà di maggio avevamo due alluvioni in Romagna e ancora una siccità decisamente persistente sul Piemonte e sulla parte occidentale dell’Emilia. Quindi il piacentino, le aree tra Alessandria, Piacenza e Pavia – dove peraltro non è piovuto molto neanche adesso.
Poi ne arriva una terza…
Poi è arrivato il terzo episodio a rischio, quello del Piemonte, nel weekend del 20 di maggio. Non ha fortunatamente creato gravi danni, ma da un punto di vista della statistica pluviometrica è interessante, perché nuovamente in questo stesso periodo ha relativamente – a breve distanza, trecento chilometri da quello che succedeva in Romagna – prodotto un’altra pioggia molto abbondante sulle Prealpi piemontesi, sulla fascia che vada Cuneo a a Biella.
Quindi veramente siamo in presenza di questa estremizzazione dei fenomeni meteorologici. Però non metterei in relazione diretta la siccità con le alluvioni: una è un fenomeno e l’altra è il suo opposto.
Intervistatore – Possiamo dire che tutto questo può essere frutto della crisi climatica?
Mercalli – Lo è in parte, in una misura. Se abbiamo detto amplificazione, la parola amplificazione ci dice che c’è un fenomeno storicamente già esistente, cioè le piogge intense, e le alluvioni che ci sono sempre state, che caratterizzano, anzi, la storia evolutiva del nostro paese, perché l’Italia ha una storia anche di cronache, di alluvioni millenaria.
E queste ci sono sempre state.
Ma ora il riscaldamento globale si aggiunge a queste. Q,uindi se prima l’episodio estremo dava 200 millimetri, ora ne porta, diciamo, 250, e quindi peggiora ulteriormente il bilancio dei danni.
Intervistatore – Una delle cose delle “leggende metropolitane” io le chiamo leggende, poi sarei tu da scienziato a dirci se è vero insomma, che è colpa degli ambientalisti, delle nutrie che lasciano là negli argini e non permettono la pulizia degli stessi… A me risulta che non sia così, però chiedo a te.
Mercalli – Guarda, intanto il primo punto è che, un’alluvione è un fenomeno estremamente complesso. Non è un qualcosa di semplice eh, con uno sviluppo uguale in tutti i casi e in tutte le regioni.
È fortemente dipendente dal contesto locale, quindi non ci sono spiegazioni semplici. E questo implica che non ci sia nemmeno il ditino da puntare per dire è colpa sua.
Non ci sono colpe ben identificate.
Da cosa dipende un’alluvione
Un’alluvione è frutto – prima di tutto – di un fenomeno di dinamica assolutamente naturale. La pianura del Po si chiama pianura alluvionale. Ce lo insegnavano molti anni fa, nel testo di geografia che adesso si studia di meno a scuola.
Pianura alluvionale vuol dire che si è formata per i sedimenti che sono arrivati da milioni di anni di alluvioni, le quali hanno trasportato il materiale sotto forma di frane, di colate detritiche dalle zone montane, siano esse l’Appennino o le Alpi, formando la pianura. Quindi è ovvio che le alluvioni esistono e sempre esisteranno, con e senza l’uomo.

Su questo poi si innesta il fatto che noi, negli anni, abbiamo occupato questi territori in maniera sempre più estesa e quindi possiamo dire che ne abbiamo peggiorato la vulnerabilità.
Se vogliamo trovare un errore di lunga data, parliamo di un errore di programmazione urbanistica…
A partire dal secondo dopoguerra, lo sviluppo urbanistico è diventato esplosivo. Si è occupato ogni genere di spazio, la via Emilia è case, abitazioni, capannoni industriali, piazzali, strade, autostrade, ferrovie, piattaforme logistiche. Insomma c’è veramente di tutto.
Un’area molto urbanizzata…
Quindi, quando tu vai a mettere degli oggetti in un’area che già normalmente a livello naturale è soggetta al rischio di alluvione, ecco che il pericolo legato all’alluvione aumenta. Il rischio è non è altro che la moltiplicazione tra il capitale esposto e il pericolo.
Possiamo avere un pericolo altissimo di alluvione, ma in una zona disabitata il rischio è zero. Infatti, la più grave alluvione, la più potente alluvione della storia d’Europa, ha avuto un bilancio di danni e di vittime praticamente nullo. È avvenuta in Islanda nel 1996 in un territorio disabitato.
Scende un fiume d’acqua – per altro previsto – da un ghiacciaio, che viene fuso improvvisamente da un’eruzione vulcanica, e gli islandesi hanno detto “beh c’è solo una strada che passa lì, gli mettiamo una transenna, la chiudiamo, aspettiamo che passi la piena e ci torniamo il giorno dopo”.
Così è successo, e l’unico danno è stato l’accollo di un ponte che hanno rifatto con poche centinaia di migliaia di euro. Il bilancio finale: nessun morto, nessuna distruzione di centri abitati, di agricoltura.
Il concetto di rischio cambia in base ai territori
Quindi vedete, il concetto di rischio evolve in base ai territori. Possiamo avere una pioggia fortissima, ma se non c’è nulla da distruggere in materia di attività umane, diventa quasi una curiosità e andiamo lì giusto per dare un’occhiata, come curiosità naturalistica.
Diverso è il caso se invece il capitale aumenta continuamente in una zona dove peraltro non solo il pericolo è già storico, ma i cambiamenti climatici lo amplificano.
Quindi tutti questi fattori messi insieme generano poi purtroppo le vittime e il danno economico delle attività, oltre ad automobili che adesso dovremmo buttare via. Pensate al numero di automobili che verranno rottamate, perché riempite di fango; alle case, alle attività industriali, alle attività agricole compromesse.
Un’area estesa…
Poi ci sono tutti i livelli di problematica locale, un’alluvione di settemila chilometri quadrati, due volte la dimensione della Valle d’Aosta è stata interessata da questo fenomeno. Vedi di seguito l’elenco dei comuni alluvionati pubblicato dalla Regione Emilia Romagna
Quindi, un fenomeno grandioso, non stiamo parlando di una piccola alluvione. Qui il problema è avvenuto per gli argini, perché l’argine è crollato, ma perché l’argine è un manufatto umano, una montagnola di terra, quindi non è una diga di calcestruzzo.
Però è lungo centinaia di chilometri, quindi è assolutamente normale che possa crearsi un collasso di un argine. Anche per mille motivi, ci saranno pure le tane delle nutrie, ma tanto non possiamo andare lì a cercarle una per una. Ci saranno anche problemi di manutenzione, ma è difficile riuscire a capire come sia fatto dentro l’argine per centinaia di chilometri.
Cioè dobbiamo guardare anche il problema delle possibilità in “tempo di pace”, cioè quando non piove, quando non c’è l’emergenza di fare questo tipo di di manutenzione.
Non è semplice. Purtroppo l’argine genera anche dei problemi a livello di programmazione urbanistica, perché genera la falsa sicurezza. C’è l’argine, quindi costruisco di più. Quindi aumento il capitale esposto. E siccome l’argine è un manufatto umano, e quindi soggetto comunque sempre a deterioramento e a possibili falle, ecco che quando la situazione di record pluviometrico avviene, l‘argine cede e mette in difficoltà un’intera area che si credeva sicura”…
Bene, se l’argomento vi interessa, e lo spero , vi lascio il link per vedere tutta l’intervista, sperando che i concetti espressi possano portare ad essere più prudenti nei giudizi e riflessivi sui comportamenti da tenere.
Clicca QUI per il video.
Il cambiamento climatico spiegato da un esperto vero
Il cambiamento climatico spiegato da un esperto vero