In un periodo storico mondiale ove molti fantasmi del passato sembrano ricomparire, è interessante soffermarsi sulla figura del Leader e su quella più controversa dell’Uomo forte, e del suo gregge.
Tante filosofie di pensiero, tanta confusione
Si sente spesso parlare di Uomo forte, di “Capo, Boss, Padrone, Leader” e per molte persone questi sono tutti sinonimi. Non è proprio così.
Il significato accumunato, male interpretato, è quello di una persona che comanda e guida la truppa in qualche modo.
In realtà, ci sono sostanziali differenze tra queste figure. Sia chiaro, ci sono anche tante filosofie a riguardo, molte correnti di pensiero, sfumature linguistiche e quant’altro.
Restano però le differenze di fondo tra quello che viene comunemente definito un Leader e il classico uomo forte, che chiameremo per comodità Capo.
Il Leader… a grandi linee
Anche su questa parola troviamo molte sfumature. Ci sono le definizioni da vocabolario, quelle più care alla psicologia e una sorta di ibrido tra le due, relative al mondo del coaching.
Personalmente, ho assistito a tanti tentativi di inquadrare con le parole la figura del leader e sappiamo che le parole ci aiutano sì, a patto che non si creda siano portatrici della verità assoluta.
Leader – To Lead – Guidare, dirigere, condurre
Quindi, il Leader è il punto di riferimento di un gruppo di persone che lo seguono, e che pertanto potremmo chiamare Seguaci.
Il Leader può avere delle qualità di condottiero in una determinata materia, ma essere un perfetto seguace in altri ambiti.

Un Leader, a differenza di un Capo, ha la capacità di essere un esempio per il gruppo e soprattutto, di sviluppare il potenziale dei propri collaboratori.
Come?
Ascoltando, motivando, valorizzando la persona e le sue idee, interagendo, dando l’esempio, rendendo il collaboratore partecipe e condividendo gli obiettivi.
Poche regole, se non pochissime, chiare, per evitare l’anarchia. Molti princìpi, condivisi, per far crescere il sistema e far sentire importanti, partecipi e valorizzati i propri collaboratori.
Il Capo… a grandi linee
Come detto, per molte persone, questi è ancora sinonimo di un Leader. Non è proprio così.
Capo – Varie definiz. – Latino Caput – Primitivo Kapa – Il contenitore del cervello
Il Capo è il padrone, la mente, l’uomo cosiddetto forte del gruppo, quello temuto dai più, quello che indirizza la barca dove vuole.
Se, per esempio, guardiamo al mondo del lavoro, il Capo è colui che sa, e in quanto geloso custode del sapere, è colui che ti insegna “come fare”.
Il Capo non vuole sentire ragioni, perché ha l’esperienza dalla sua parte e in virtù di questa, fa e decide a suo piacimento. Ciò che decide, è ben fatto.

Il Capo si lamenta spesso, e quando le cose non vanno bene, è solo perché i suoi “dipendenti” non fanno ciò che lui gli ha ordinato di fare.
A tutti gli effetti, il Capo ha un gregge alle sue dipendenze, che dirige con autorità e dal quale viene seguito per una infinità di ragioni; in primo luogo il bisogno di sostentarsi, poi il timore reverenziale, la convenienza, e anche la poca personalità dei sottoposti o la debolezza degli stessi.
Il Capo impone le regole – che lui ha stabilito – e non condivide princìpi.
Imposizione e Condivisione
Chi ha seguito corsi di coaching o letto qualcosa nel merito sa esattamente la differenza quando in certi ambiti si parla di regole e princìpi.
Regola – da Règere – Governare, guidare direttamente
Il Principio, invece, coinvolge il ragionamento, e riguardando anche la scienza come da definizione, implica chiaramente quindi anche la condivisione.
Vediamo cosa dice il vocabolario a tal proposito:
Principio – Concetto, idea, nozione che rappresenta uno dei fondamenti di una dottrina, di una scienza, di un’attività o che sta alla base di un ragionamento
Per farla breve e dare solo un accenno, le regole sono stabilite da alcuni – o da uno solo – sulla base delle proprie convinzioni, e devono essere rispettate. Stop.
Avviene nelle aziende, avviene nella politica e, se vogliamo, anche nelle associazioni non propriamente dedite alla legalità. Ci si deve muovere all’interno di esse senza sapere esattamente il perché siano state concepite in quel modo.
Nella politica, per esempio, anche democratica, il fenomeno è ancora più lampante, perché il popolo, per convenzione, delega poche persone per la gestione della cosa pubblica.
Poi però, in concreto, non condivide nulla. Assiste alle decisioni passivamente, e in virtù di questa passività, poi si lamenta.
Perché?
Ovviamente perché non coinvolto. Qualcuno potrebbe dire “come si fanno a coinvolgere milioni di cittadini ogni volta…“. Certo, abbastanza complesso, anche se non impossibile con la tecnologia attuale, ma qui stiamo cercando di capire le diverse dinamiche della conduzione dei gruppi.
Quando si condivide un principio invece, si discute, ci si confronta, si cerca di trovare una rotta comune.
Condividere significa non essere poi nella condizione antipatica di dire, a margine di errori o malintesi postumi, “ecco, io l’avevo detto che così non andava, come si fa a fare certe cose” etc…Quante volte accade questo.
Le regole sono più soggette alle polemiche, al malcontento, mentre i princìpi, in quanto condivisi con consapevolezza e responsabilità, evidentemente molto di meno.
Perché allora molte persone sono affascinate dall’uomo forte?
Alla luce di quanto detto, potrebbero esserci – anzi, ci sono – moltissime possibili spiegazioni.
Per esempio, perché l’uomo forte ti toglie di dosso molte responsabilità. Fa quello che gli pare il più delle volte, ma ti assolve dal dover prendere delle decisioni.
Poi perché l’idea dell’uomo forte ha sempre un certo fascino. A molti piace, per esempio, l’idea del portatore/mantenitore dell’ordine.
Come viene però garantito questo ordine e questa presunta efficienza? Con l’imposizione. Imposizione delle regole – le sue – quando va bene, e uso della forza, sempre la sua o di chi per lui, almeno inizialmente, quando si degenera.
Per cui, quale arma utilizza l’uomo forte? La paura, l’uomo forte incute timore.
A tal proposito, leggere qualcosa di Dostoevskij, per esempio, potrebbe fare ragionare nel merito.
E il suo gregge allora, il gregge dell’uomo forte, che cos’è? Un gruppo forte o debole?
Quel gregge che a volte si sente autorizzato, al cospetto del suo Capo, a prevaricare altri consimili, anche con la violenza, solo perché lontani dal pensiero dell’uomo forte o semplicemente perché evoluti e liberi, com’è dunque? Forte o debole?
Gli estremi sono sempre il punto più vicino al precipizio
Questo post è soltanto un piccolo accenno ad argomenti molto complessi e che meriterebbero ben altro spazio.
Vuole però essere un invito alla riflessione, soprattutto del momento storico che stiamo attraversando.
Che la storia non abbia mai insegnato nulla, o ahimè molto poco, è ormai un fatto appurato. Finita l’emotività degli accadimenti, sembrano ritornare ciclicamente tutte le miserie umane di cui è capace il bipede verticale.

Quando però si hanno dei dubbi su quale direzione prendere, dove posizionarsi, è sempre bene ricordare che siamo un universo fatto di energia, che interagisce e si mantiene in una sorta di equilibrio.
Quando non rispettiamo questo equilibrio, poniamo barriere, creiamo distinzioni, divisioni, quando maltrattiamo altri esseri viventi o l’ambiente nel nome del profitto selvaggio, ci predisponiamo al pericolo.
Se, invece di rimanere in equilibrio, ci spostiamo con poca responsabilità verso gli estremi, come un gregge impazzito, lì siamo più vicini al baratro, alla caduta, alla sconfitta nella nostra missione umana. Non c’è forza né nulla di eroico in tutto questo.
Quindi la forza sta nell’equilibrio, nel dibattito, nel rispetto, e soprattutto nella condivisione dei principi, con conseguente consapevolezza e relativa assunzione di responsabilità.
In tutte le altre forme di debolezza, dove non vi è equilibrio, vincono la paura, la prepotenza, l’ignoranza e alla fine, purtroppo, perdiamo tutti.
Leader uomo forte