Il male

Il Male

Il Male, dal latino Malus (nocivo, dannoso) è argomento a dir poco scottante; cerchiamo da sempre di combatterlo – quando è possibile – o farcelo amico, per non avere problemi.

In maniera molto superficiale potremmo dire che, il Male fa schifo; “che non ci dovrebbe essere, che dovremmo essere tutti più buoni e comprensivi” e altre frasi ad effetto. Tutto vero, e se qualcuno volesse vederla con “spirito”? Basterebbe applicare il credo originale di Cristo: “Non fare ad altri quello che non vorresti venisse fatto a te”. E se così facessero tutti, saremmo a posto.

Ma, come vediamo in queste drammatiche ore – e come non vogliamo vedere quando la cosa non ci tocca da vicino – la questione non è così semplice

Per cercare di approfondire il tutto in maniera cruda e ostica, mi appoggerei alla psicobiologia del benessere. Sottolineo ostica, perché è disciplina scientifica non in cerca di facili consensi; è realista, cruda, senza compromessi. È necessario pertanto astenersi da considerazioni morali o filosofiche.

Il Male e le sue forme

La nostra componente distruttiva, quella che governiamo in mille modi, esiste.

Il Male è una variazione antipatica dell’ambiente e del contesto, che va a colpire entità biologiche; queste tendono alla conservazione e di conseguenza oppongono resistenza al cambiamento.

Siamo animali che lottano per la sopravvivenza e il male richiede una reazione. Normalmente non ci interessiamo del perché del male e puntiamo semplicemente il dito verso chi ce lo procura.

Male

Viviamo in società che – più o meno bene – hanno imparato schematicamente, ricorrendo ad espedienti di vario tipo, a governare il male. Abbiamo fatto in modo che questi sia più accettabile, gestibile.

Chi commette un’azione malvagia viene perseguito; questo a prescindere dalle motivazioni, dagli istinti o dalla natura che lo hanno istigato – meglio sarebbe dire costretto – ad un’azione malvagia.

Al male si reagisce

Il male è quel qualcosa che va a violare quanto definito dall’uomo come normale o “normalità“.

Non indaghiamo mai realmente sul male e le cause complesse che portano a compierlo, non cerchiamo di coglierne l’informazione intrinseca che si porta appresso. Più facile è individuare l’esecutore. Per la legge biologica descritta prima, ossia che il male richiede una reazione, rispondiamo alla violenza con altra violenza. In varie modalità, ma pur sempre violenza. Ad esempio, punendo, infliggendo una pena.

Male

Andiamo ad agire sulla libertà, sui bisogni primari, provochiamo altra sofferenza. Tutto questo deriva dal fatto che si ritiene l’essere umano in grado di intendere e di volere, o ancor meglio, libero di decidere.

Il passaggio è fondamentale: esiste veramente la libertà di decidere?

Questa disciplina si fonda sulla reazione adattiva ai bisogni, quali che essi siano. Le reazioni ai bisogni, legate al contesto ambientale della persona e a tanti fattori, possono anche produrre azioni “malvagie”. Sorvoliamo sul cosa si intenda per malvagio, perché meriterebbe un capitolo a parte.

Al male si reagisce con “altro male”, fino ad arrivare in estrema ratio all’eliminazione fisica. Infliggiamo una pena – una vendetta sociale – che riteniamo “giusta”, evitando di esagerare per non dover poi fare i conti con un risveglio dei nostri sensi di colpa.

Domanda: può una pena realmente educare? O penalizza e basta?

Riti sociali e violenza

La nostra aggressività di specie l’abbiamo civilmente – in un certo senso – governata. Si parla di riti e azioni, in qualche modo codificati, quali “valvole di sfogo” dei nostri istinti più estremi. Odio, rabbia, offese, mimetizzati in altre modalità. Si pensi ad una frase pronunciata dopo una riunione piuttosto tesa: “l’ho fatto a pezzi“, oppure “li abbiamo massacrati“.

Male

Ancora più chiaro è il sistema sociale fondato sulla competizione, il sistema finanziario, il libero mercato. Alla fine, lo scopo è comunque prevaricare qualcuno, gioire e causare inevitabilmente dolore. La gioia di qualcuno provoca dolore in qualcun altro. Uno vince e l’altro perde. Crudele e aggressivo? Sì.

Il male porta informazioni

Premessa: dal male ci si difende se possibile, ed è necessario assicurarsi che, chi lo perpetra ad altri, non lo faccia più. Il punto però non è questo.

Il punto saliente è capirlo. È qualcosa che ci appartiene, che non possiamo far finta che non ci sia nascondendoci dietro falsi buonismi. Litighiamo con l’automobilista di turno, ma anche con oggetti ed eventi sfavorevoli; con un treno perso per cinque minuti, con l’appuntamento per una visita medica troppo distante nel tempo. In questi casi imprechiamo, ma quando colui che ci porta il male è una persona specifica, l’istinto di aggredirlo, anche solo verbalmente, è tanto.

Il comportamento così definito, che pare offendere il prossimo, è in realtà un’esigenza di difesa. La mutata e complessa situazione contestuale e personale ha richiesto un adattamento, ossia un cambiamento.

Attenzione: non focalizziamoci sul “giusto o sbagliato”, ma solo sul procedimento. Il comportamento dell’aggressore parte dalla situazione contestuale e dalle informazioni a sua disposizione che modificano la propria situazione personale e le sue percezioni.

Dal punto di vista prettamente evolutivo, il male, per quanto spiacevole, è l’impressione della necessità di un cambiamento. Adattarsi alla variazione del contesto e della situazione ambientale significa fare i conti con una sofferenza.

Male

Male – Sofferenza – Cambiamento

Il Male non lo si può ignorare

Bandiamo ogni inutile morale. Sempre rimanendo in ambito biologico, il male che ci viene fatto non può essere ignorato. Ci ha provocato problemi, ha minato la nostra integrità fisica e morale, o una delle due. E implica una reazione.

Se ce ne laviamo le mani e lasciamo passare tutto in cavalleria, così come se puniamo il male senza cercare di capirne le ragioni, siamo complici delle conseguenze.

Il male, con tutte le sue ramificazioni, frustrazioni, punizioni, umiliazioni varie, è lo stimolo che deve portare a reagire. E tutto questo nell’ottica di un cambiamento. Queste reazioni sono simboliche, non si parla di restituire violenza. Dal male nasce il comportamento adattivo. Ora qualcuno, sull’onda emotiva del momento, penserà a tutto ciò mentre è in atto una guerra. Le cose in questo caso si complicano enormemente. I nostri istinti di sopravvivenza, quando la nostra vita è messa in pericolo, si mobilitano, senza ombra di dubbio. Ci si deve difendere, punto e a capo.

Male

Resta il fatto però che, concettualmente, non cambia il principio fondamentale: l’azione “vendicativa” e reattiva, deve essere costruttiva e non fine a sé stessa. La reazione deve avere due scopi:

  • Far valere le proprie idee e trasformare la sofferenza vissuta in una risorsa positiva.
  • Costringere colui che ha procurato il male a modificare il suo stile di vita. Se non trattasi di persona singola, l’obiettivo è chi rappresenta il male, il movimento, l’istituzione.

La reazione è una forma “vendicativa

Si contrasta il male con una reazione uguale e contraria. Si parla di reazione volta a costruire, ma pur sempre di una forma di rivincita. La nostra componente aggressiva è, pur rimanendo nel lecito, impiegata in un “combattimento”. Vanno rimossi gli ostacoli e in sintesi, il soggetto della nostra rivalsa deve subire un cambiamento e quindi una sofferenza.

Il male prodotto a nostro carico è un “bene” per chi lo produce ed evidentemente un “male” per noi che lo subiamo. La reazione, se andata a buon fine, inverte i ruoli.

Male

Per cui, una volta salvaguardata l’integrità fisica, perché il cerchio si chiuda, va ascoltata e capita la posizione avversa, non semplicemente accettata o punita. Ascoltando e comprendendone le ragioni, successivamente avviene una forma “vendicativa“, nella quale facciamo valere il nostro punto di vista. Avviene così un cambiamento dovuto alle condizioni ambientali che vanno mutando.

Ogni cambiamento è portatore di sofferenza, perché costringe ad uscire dagli schemi consolidati.

Bene, questo era solo un sunto ed uno spunto di riflessione per dire che, l’evoluzione, ci mette di fronte a tanti nostri aspetti. Il Male è uno di questi, fastidioso finché si vuole, terribile a volte, ma che non possiamo ipocritamente ignorare.

Dobbiamo arginarlo per quanto possibile negli effetti, poi coglierne il messaggio e reagire con costrutto per favorire il cambiamento e ristabilire un nuovo equilibrio.