Pensiero lineare

Perché abbiamo bisogno del pensiero lineare?

Siamo esseri umani che comunicano, cercano di interpretare le situazioni, adattandosi il più possibile a ciò che ci circonda. Ogni specie animale deve combattere con la necessità di adattarsi al proprio ambiente e per farlo deve comunicare con i propri simili in una modalità criptata per le altre specie. Nonostante le nostre capacità di ragionamento cosiddette superiori, siamo comunque indirizzati spontaneamente verso una sorta di pensiero lineare.

Cosa intendiamo per pensiero lineare

Se volessimo dare una piccola definizione, potremmo dire che il cosiddetto “pensiero lineare” è quello che si attiva quando è presente una direzione verso la quale andare. Si presenta una determinata situazione, un problema, e si va in quella direzione. Le spiegazioni semplici sono da preferirsi a quelle più complesse.

Il pensiero cosiddetto laterale, invece e per intenderci, è quello che porta a farsi delle domande; volendo essere pignoli, è quello che risponde al “perché” e di conseguenza è quello che realmente dovrebbe essere etichettato come pensiero con la P maiuscola. Si attiva spesso nei processi di cambiamento.

Entrambi sono importanti e funzionali alla nostra vita.

Un’innata tendenza alle semplificazioni

Se vogliamo misurare l’altezza di nostro figlio, possiamo andare ad occhio e avvicinarci alla misura esatta, grazie magari alla nostra esperienza e dal fatto – per esempio – che lavoriamo giornalmente con le misurazioni.

Se vogliamo misurare la profondità di un fondale marino in un determinato punto, – sempre per esempio – possiamo azzardare ipotesi e avventurarci in virtù delle nostre immersioni o di certe nostre non meglio precisate sensibilità.

pensiero lineare

Ma la nostra misurazione sarà sempre o quasi sempre errata o quantomeno non precisa. Perché questo?

Perché banalmente abbiamo bisogno di uno strumento per misurare, così come abbiamo bisogno di uno strumento per pesare, di uno strumento come un binocolo per guardare lontano etc. etc.

Inoltre, l’essere umano è portato a prediligere le semplificazioni, le spiegazioni semplici, quelle più veloci, quelle che sono più vicine all’evento. Se vogliamo, la causa più prossima all’effetto. Probabilmente una componente irrisolta dell’infanzia accentua molto questa tendenza, ma non addentriamoci troppo.

pensiero lineare

Un altro capitolo nel merito potrebbe essere quello relativo alla famigeratacolpa. Qui si aprirebbe davvero un mondo parlandone, e potrebbero perfino cadere – o vacillare – le fondamenta sull’utilizzo di questa parola.

Limitiamoci solo a dire in questa sede che: noi ci focalizziamo abitualmente sulla causa ultima che ha portato ad un evento, mentre ogni evento si porta dietro una infinità di concause che lo hanno provocato.

Tutti gli eventi li descriviamo quindi con grande approssimazione, e quando qualcosa – per esempio – migliora nella nostra vita, ci battiamo le mani sul petto, dandoci il merito – vantandoci – di una qualche nostra azione virtuosa che ha portato ad un miglioramento.

Non riusciamo ad ammettere quasi mai che qualcosa di più grande, i complessi fattori che ci circondano, sono fondamentali per gli accadimenti.

Per capire, bisogna fare un balzo in termini di conoscenza

La nostra innata tendenza è quella di evidenziare i contrasti, gli opposti, la nostra capacità cognitiva procede in tal senso.

Individuiamo, cerchiamo, citiamo gli estremi e lo facciamo fondamentalmente perché abbiamo paura.

barb, wire, black-30178.jpg

Riconoscere il confine ci tranquillizza, la conoscenza del limite massimo verso il quale può manifestarsi un qualsiasi fenomeno è qualcosa che percepiamo come rassicurante. Prendiamo come riferimento le posizioni portate all’eccesso piuttosto che quelle intermedie, per avere la consapevolezza del “fino a dove” ci si possa spingere senza rischiare.

Caldo e freddo, chiaro e scuro, giovane o vecchio, ricco e povero, vicino e lontano e mille altre coppie di opposti ci consentono rapidamente di catalogare un fenomeno, delimitando gli spazi di manovra. Così come etichettiamo “Angelo o Santo” una persona che vogliamo esaltare o come “Demoniaca” una che ne rappresenta l’esatto opposto.

Come non citare poi modi di dire emblematici, tipo il classico “Dove andremo a finire” o “Che ne sarà di noi” tipico di situazioni che non hanno frontiere, che non si riescono a incasellare e sfuggono di conseguenza al nostro controllo.

Cerchiamo, vogliamo sapere e studiamo non perché siamo bravi, ligi, meravigliosi e responsabili. Questo è il narcisismo umano, ce lo raccontiamo, pur avendo l’atto in sé sicuramente una valenza positiva nell’ottica della conoscenza della specie e del mondo nel quale questa si muove.

Noi cerchiamo, indaghiamo e vogliamo sapere perché non accettiamo che qualcosa sfugga al nostro controllo, alla nostra conoscenza e perché la nostra ignoranza rispetto a certi argomenti potrebbe mettere in pericolo la nostra esistenza.

Pensiero lineare – Non siamo obiettivi

Il nostro mondo non è “o così, o Pomì“, scimmiottando una vecchia pubblicità che, ahimè, i non più giovani ricorderanno. Il nostro mondo è fatto di una infinità di sfumature.

Noi abitualmente ci costruiamo fumetti dai contorni piuttosto netti che tralasciano le innumerevoli gradazioni del colore, cercando di vedere quello che ci fa comodo vedere, e stendendo il sempre verde velo pietoso su ciò che è scomodo; qualcosa che è meglio insabbiare, qualcosa con il quale non vogliamo avere a che fare e che pensiamo si possa mettere a tacere semplicemente ignorandolo.

the background, background, pattern-387205.jpg

Ecco perché la Psicobiologia del benessere si fa carico dell’aiuto alla persona, portandola con consapevolezza, a riconoscere quelle sfumature che hanno di per sé molto significato e che invece, costantemente e con una certa abilità, scartiamo per semplificare e rendere la vita apparentemente più comoda; anche se poi, gli eventi della vita stessa, ci dicono che è un’abitudine non troppo sana quella di nascondere buona parte della polvere sotto il letto.

Comprendere la nostra natura, la nostra evoluzione, le nostre abitudini è il primo passo verso il cambiamento ed è la base dalla quale ripartire.