Quando si avvicinano le elezioni, di qualunque tipo, si dovrebbe partorire qualche idea per meritarsi un voto. Il cittadino dovrebbe – in teoria – pretendere questo.
Assistiamo invece sistematicamente o molto frequentemente allo show delle promesse improbabili. Alcune diventano addirittura manna per i comici, come interpretato in maniera eccelsa dal bravo Antonio Albanese nel personaggio di Cetto La Qualunque.
Se ce le scrivessimo tutte queste promesse e avessimo poi la voglia di verificarle, credo che il nostro umore oscillerebbe tra il dimesso e l’abbattuto.
Quando per decenza non si promette, ma si generalizza
Quando si sceglie saggiamente di evitare spacconate irrealizzabili, allora si utilizza un compromesso soft, e si vira decisi verso il solito frasario preconfezionato, l’usato sicuro buono per ogni ideologia.
L’abbiamo presente la dinamica no? Per esempio:
“Nel nostro programma ci saranno impegno e focus particolare nel creare più posti di lavoro; e poi il sud, la disoccupazione giovanile, le donne, le politiche ambientali etc.”.
Dato che non costa niente, suggerirei di inserire nei proclami anche la mezza età, sempre fuori da ogni pensiero e sostegno. Ci sono i giovani, le donne, gli anziani: gli altri possono serenamente sparire.
Insomma, mettiamola così: si parla di macro argomenti, quindi, in concreto, non si parla mai di niente di nuovo.
Il mestiere è difficile, senza ironia
Ora, a parte l’ironia, il mestiere della politica, se fatto con reale impegno verso la collettività, è molto difficile. Come sempre poi, non si può fare di ogni erba un fascio, perché ci sono anche – e per fortuna – persone che nella politica mettono impegno e dedizione.
L’essere umano è però estremamente complicato da governare, da capire. È molto complicato anche per quell’innata tendenza a cercare rassicurazioni, ad esorcizzare la morte, che lo porta ad esigere sempre una risposta, una spiegazione, ossia capire quello che sta avvenendo.
Come detto in altro post poi, l’essere umano riconosce sempre la causa (meglio sarebbe dire la concausa) più vicina all’effetto. Se è vicina, l’assimila, l’accetta, gli pare vera; se è lontana, non vi presta caso o trova scuse per sviare e non accettare il collegamento.
Facciamo un banale esempio
Anzi, facciamone due.
Il primo l’ho già riportato in altro post: se fumate e qualcuno vi dice che la cosa fa malissimo alla salute, potete crederci in maniera blanda o cominciare a ricorrere a scuse di vario tipo per non smettere di fumare. Ma se, al primo tiro, una tosse soffocante vi sorprendesse, privandovi del fiato, ecco che immediatamente cominciereste a credere a quanto detto.
Altro esempio:
La squadra di calcio perde palla in attacco, un po’ banalmente. Questa viene rinviata dalla squadra avversaria, a centrocampo il vostro giocatore la svirgola un po’ – niente di clamoroso – il compagno arriva leggermente in ritardo – proprio una frazione di secondo – e gli avversari ne approfittano. Uno di questi guadagna una decina di metri sulla difesa colta di sorpresa e tira in maniera nemmeno troppo irresistibile verso la porta. Il portiere, però, nonostante sia piazzato abbastanza bene, si butta goffamente e la palla finisce in rete.

Anche in questo caso, seppur più breve e quindi meno perentorio del primo, la maggior parte delle persone sarà imbufalita con il portiere, ossia l’anello debole più vicino all’effetto.
Questi due esempi visualizzano bene le concause (tutte importanti) anche se il focus finisce sull’ultima parte, nel quale c’è la ricerca della famigerata colpa. Ma non allarghiamoci troppo, diciamo solo che questi esempi torneranno utili.
Gli uomini sentono, ma tendenzialmente, non ascoltano
Avete presente quella dinamica comunissima nella quale una persona parla, e l’altra sta già pensando a quello che dovrà dire quando toccherà a lei dire qualcosa?
Succede a tutti. E non si ascolta con attenzione.
Per cui, uno dei grandi problemi delle incomprensioni umane – e del politico quindi – è l’ascolto.
I politici più audaci si spingono – solitamente in periodo pre-elettorale – per le strade di un centro storico o di una periferia. Entrano perfino in qualche bar, qualche centro culturale o sociale. Parlano anche con decine di persone, poi passano ai comizi che, notoriamente, sono azioni comunicative a senso unico; inoltre vanno nei talk show e oggi anche sui social, facendo leva sugli aspetti emotivi citati sopra.
Dopodiché, finito il proselitismo, il cittadino ritorna a fare i conti con i propri affitti insostenibili, i problemi di salute, le tasse, la bolletta della luce alle stelle, un handicappato da badare, la mancanza di un reddito o un reddito troppo basso, etc. etc…
Difficile sì, ma qualche priorità bisognerà pur darla
Allora, torniamo al nostro politico e per un attimo, all’esempio del condominio, che già abbiamo scomodato in un precedente post.
A proposito di condominio e di gestione problematica delle persone, una parentesi:
Si pensi alle difficoltà di un amministratore nel mettere d’accordo una manciata di residenti sulle questioni condominiali. Ecco, il politico dovrebbe trovare compromessi per milioni di persone, quindi, di per sé, quando fatto seriamente, è mestiere molto complicato.
Chiusa parentesi, dicevamo, andiamo più nel dettaglio.
Solitamente, il popolo è sottoposto a bombardamenti mediatici non tanto sulle idee, ma sugli accordi elettorali. Destre, sinistre, con centro, senza centro, con alleanze contorte “con questi mai, noi staremo con quelli”, “se ci stanno loro, noi ci siamo”, “hanno detto che ci stavano e poi sono andati con altri” e via di seguito.
Una tiritera infinita di ipotetici accordi per definire chi strapperà il numerino percentuale di maggioranza.
Alleanze, accordi, patti. Benissimo, ma per fare cosa precisamente?
Provate a chiedere a cento cittadini a caso, i cinque – facciamo tre – principali punti elettorali del partito che voteranno. Auguri.

Anche perché poi, e non è raro, uno viene eletto in una lista, poi esce dal partito e va con un altro che doveva essere a lui avverso, oppure semplicemente diventa avversario del partito per cui è stato eletto. E per rincarare la dose, si vota “un’idea” politica, e poi a dirigere l’orchestra, per un po’ di tempo, va un elemento pescato al di fuori, sostituito poi da un altro venuto anch’egli da fuori. Bene, ma non benissimo.
Comunque, torniamo in argomento. Qualche idea per meritarsi un voto
Invece di circondarsi di frasi e proclami preconfezionati e oramai usurati, andrebbero scelte delle priorità. Chiare, comprensibili, che facciano capire la strada, la direzione.
Per esempio: il problema mondiale, quello che riguarda la specie umana (e non solo) è la sopravvivenza della specie stessa a causa dei danni climatico ambientali; possiamo allora dire che il fulcro del progetto politico dovrebbe essere l’ambiente, il clima, e che ogni scelta, in ogni settore o campo di azione, dovrebbe necessariamente essere effettuata salvaguardando lui per primo?
Ora, gli esponenti di ogni bandiera e colore diranno certamente che è così, che è scontato, che l’hanno detto anche in televisione, etc. etc.
Lo hanno detto, sì, ma come citato prima:
“Nel nostro programma ci sarà un focus particolare e l’impegno a creare più posti di lavoro; e poi il sud, più spazio ai giovani, alle donne, alle politiche ambientali…”.
Il tutto infilato tra una crisi energetica del gas e una drammaticamente bellica. Attenzione, problemi veri questi, seri, che essendo attuali, sono di maggiore impatto sui cittadini e allo stesso tempo, coprono bene la mancanza di cambiamento prospettivo.
Per fare il verso ad una frase dello scrittore Beno Fignon, possiamo dire che:
“”Se vuoi emergere, occupati delle emergenze“.
Ed a queste esternazioni, se ne aggiungono altre impalpabili, del tipo “più Europa per tutti (come fosse una pietanza), più spazio alle politiche sociali di inclusione, etc.”.
Slogan, emotività pura. Poi finiscono i proclami e rimangono tante persone per la strada, quelle che dormono sui cartoni, che fanno la fila alla Caritas per un pasto caldo, che non riescono a pagare l’affitto etc.
Comunque, teniamo il condominio come metafora dell’ambiente che ci ospita.
Domanda: se questo condominio in cui viviamo ha delle crepe strutturali dovute all’incuria, il problema principale dovrebbe essere la sua cura/manutenzione oppure, che so, acquistare l’ennesimo televisore nuovo o un impianto di domotica?
Perché quando parliamo di crescita incondizionata, e ci preoccupiamo solo di quella, noi stiamo dicendo che:
- Il televisore è più importante del condominio che lentamente crolla.
- Che il sistema economico che ha portato il pianeta in questo stato è un sistema sostenibile, che tutto sommato va bene così
- Che di quello che sarà, ce ne frega il giusto.
Primo l’ambiente allora, e tutto deve ruotare attorno a quello
Se il rispetto dell’ambiente e quindi del condominio diventa prioritario e vitale, al secondo posto dobbiamo capire come far sì che i nostri comportamenti non lo distruggano.
Se continuiamo a fare quello che abbiamo fatto finora, è inevitabile che il condominio caschi a pezzi e noi con lui.
E dopo? Del televisore nuovo e dell’impianto di domotica, che ne sarà?
Quello che abbiamo fatto finora, anche se cerchiamo sempre di far finta di nulla, lo sappiamo.
Produzione, produzione e ancora prodotti, sfruttando oltre ogni buonsenso le materie prime, inquinando senza vergogna alcuna, con compromissione del nostro habitat.
Questo punto è molto importante, perché è legato alle logiche del lavoro come le abbiamo finora concepite. Se vuoi leggere un articolo eretico sul lavoro, clicca QUI.
Il lavoro insostenibile, come unica ragione di vita, si è spinto troppo oltre il ragionevole, per soddisfare gli umani capricci.
Lavoro ad ogni costo, o reddito?
Le persone devono dare una mano alla cosa pubblica, a seconda delle loro caratteristiche, ma fondamentalmente, devono avere un reddito.
Dare un reddito alle persone e diminuire/eliminare tantissimi lavori che contribuiscono allo sfruttamento improprio del pianeta, potrebbe essere una prima soluzione nella direzione di un rallentamento.
Il rallentamento, in un cambio paradigmatico del senso della vita, è la vera crescita.
Fare un passo indietro, deciso, è una forma di rispetto verso chi ci ospita, verso noi stessi e verso chi verrà.
È una crescita spirituale e materiale allo stesso tempo, che non significa non fare più nulla o non poter fare più nulla, ma indirizzare le energie verso qualcosa di utile e non dannoso.
E ritornare perché no, ad una certa manualità per soddisfare le piccole esigenze quotidiane.
Obiezione: chi comincia a fare un passo in tal senso?
Persone cresciute con il mito dell’avere, dell’accumulo, del lusso, che non hanno indagato nella profondità degli aspetti umani più profondi, difficilmente possono accettare un cambiamento.
Questi, sarebbero le persone materiali, che nel mondo gnostico (che significa conoscenza) corrisponderebbero agli ilici (in greco, hyle significa per l’appunto materia). Riconoscono solo la concretezza della realtà e sono destinati al nulla.
A costoro è stato insegnato che il bene è produrre, ad ogni costo, che è arte nobile, che è qualcosa di cui andare fieri.

E sarebbe così, se tutto questo non arrecasse danno all’ambiente e consentisse un miglioramento dell’esistenza di tutti gli esseri viventi.
Nell’era industriale poi, almeno fino a che mia personale memoria scolastica ricordi, la cultura ambientale è stata poco più che una didascalica fornitura di nozioni.
Vince ed ha vinto sempre purtroppo un istinto di prevaricazione che è innato nell’uomo (è faccenda primitiva, animale) e che per essere domato e governato, richiede un lavoro profondo che i nostri istinti di adattamento/sopravvivenza non contemplano.
- Allora, si diceva, chi fa un passo in tal senso?
- Chi è disposto a lottare per rendere legali e praticabili solo le attività sostenibili, mettendo fuori legge quelle che le violano apertamente?
- Chi è disposto ad accettare l’idea di un reddito di base per diminuire l’impatto del lavoro e della produzione sul pianeta?
Sembrano cose improponibili alla luce del nostro sistema, vero?
Può essere, ma pensiamo, ad esempio, agli sgravi dei contributi pensionistici per le aziende, essendoci già un reddito di base. La persona percepisce un reddito di base, può fare un lavoro eco sostenibile per meno ore ed arrotondare le entrate e il datore di lavoro gli paga solo il lavoro svolto. Pensiamoci, ragioniamo su questo.
Si inquinerebbe molto meno, rientreremmo in possesso della nostra vita e probabilmente di una migliore salute perché si andrebbe a ridurre giocoforza lo stress.
Solo piccoli esempi per dire “parliamo di cose concrete”
Ambiente al centro, attività sostenibili intorno, certificate, monitorate e reddito base per calmierare l’impatto sul pianeta.
E poi, a seguire, conversione all’energia solare e pulita in genere di tutto quanto ciò che è possibile convertire, con smantellamento e bonifica di tutti gli eco mostri presenti, che diventerebbero fuorilegge. Questo è lavoro, per esempio.
Certamente, si potrebbe dire: e il prezzo del gas alle stelle? E la guerra?
Certamente sono problemi da risolvere, perché sono l’immediato e nessuna transazione può essere fatta in un baleno. Ma tutti questi problemi sono frutto di questa impostazione volta alla produzione e al consumo continuo e costante, in troppi casi non sostenibile.
Come anticipato sopra, le emergenze sono sì da affrontare, ma rischiano di sabotare le idee ed i veri cambiamenti. Si trovano dei compromessi, si mettono delle pezze.
“I compromessi non risolvono le emergenze. Le procrastinano, aggravandole”
Roberto Gervaso
Insomma, il gatto si morde la coda.
Facciamo un altro esempio:
Un fiume, alla prima pioggia torrenziale, esonda. E lo fa da qualche tempo, sistematicamente. La cosa si aggrava, il problema climatico è già in atto ed è questo uno degli effetti dell’egoismo economico degli esseri umani e del problema sottovalutato.
Si cominciano a cercare sacchi di sabbia per cautelarsi e rinforzare gli argini, si costruiscono muretti di rinforzo, ma forse le cause sono ben più radicate; il clima cosiddetto “impazzito”, per primo, ed il letto del fiume che probabilmente è sporco, ostruito, e che necessita di pulizia e di altre valvole di sfogo per non tracimare.

Bene, facciamo un parallelismo forzato tra questo evento e l’approvvigionamento del gas a prezzo democratico.
Il gas è certamente importante per un mondo che funziona in un certo modo e che vuole continuare a produrre tutto quello che ha portato il pianeta in una condizione sempre più inospitale per l’uomo.
Allora, ok, si deve risolvere il problema immediato, ma avere anche il coraggio di mettere mano al sistema che evidentemente non è tanto sano. Per esempio, facendo un programma di conversione nazionale, il più esteso possibile, verso le energie alternative.
Vi sembra normale che Danimarca, Uruguay, Lussemburgo, Lituania e Spagna siano i paesi che sfruttano di più il solare?
Qualche idea per meritarsi un voto. Possiamo partire dall’Ambiente?
Possiamo dire che questo potrebbe (o dovrebbe) essere il fulcro di base di un progetto rivoluzionario, coraggioso, universale, magari da proporre durante una di quelle ovattate riunioni sul clima? Sarebbe così vergognoso dichiarare che l’Italia, un tempo chiamata giardino d’Europa, vorrebbe tornare ad essere tale?
Perché parlare sempre di problemi climatici guardandosi bene dal puntare il dito contro le abitudini che li hanno creati, non può portare nulla di concreto se non blande dichiarazioni ed obiettivi a scadenza molto opinabili nella fattibilità.
Coloro che, a questo punto, si sentirebbero di citare il nucleare come risoluzione a tutti i problemi, suggerisco di leggere questo articolo, Ed inoltre, sottolineo come la rincorsa a certe energie ha un solo scopo: continuare ad alimentare tutto il sistema che ha contribuito a causare ed incrementare i danni climatici.
Può definirsi soluzione ecologica il produrre tanto e inquinare come fatto finora?
Per controllare lo sfruttamento delle materie prime, diminuire il conseguente inquinamento e rallentare quantomeno il cambiamento climatico, bisogna cominciare ad agire sul reddito di base incondizionato.
Il reddito base ci consente di calmierare la macchina impazzita della produzione e fare di conseguenza qualcosa di concreto per la sopravvivenza delle generazioni a venire.
Mi auguro che nel cuore di ogni persona di buonsenso questi siano alcuni punti imprescindibili per la scelta della rappresentanza politica, che ora più che mai deve dare vita realmente a qualche idea nuova e sostenibile per meritarsi un voto.
Non c’è più tempo per slogan, colori e ideali stantii, perché oggi abbiamo di fronte un cambiamento epocale che se ne frega totalmente dei nostri inutili giochi di potere.