Quiet Quitting Burn Out

Quiet Quitting, Burn Out e gli sforzi per non capire

La nostra epoca ci porta nuove parole che a volte ci disorientano: Quiet Quitting, Burn Out, e tante altre sulle quali ora sorvoliamo.

Nell’era della ribellione climatica, soprattutto giovanile, del Covid, delle dimissioni di massa dal lavoro, spiccano sicuramente queste nuove tendenze che la nostra società cerca di spiegare partendo sempre da presupposti sociali che si danno per scontati, validi, intoccabili.

Così facendo, evitiamo di guardare il problema da un’altra prospettiva e rimaniamo basiti con una serie di punti interrogativi irrisolti. Bene, in breve:

Il Burn Out

In due parole, uno stress da lavoro decisamente invasivo e in un certo senso invalidante. Il fisico si logora, mal sopporta tutto del lavoro svolto, partendo dalle attività quotidiane, i colleghi, fino alla semplice idea del dover andare in un posto a fare qualcosa che non è più sopportabile. Dal 2019 è stato riconosciuto come sindrome, un “fenomeno occupazionale da stress mal gestito“.

La sindrome è un complesso di sintomi che concorrono insieme, tanto per capirci.

Quiet Quitting Burn Out

Ora, dal momento che si sono scritti mille articoli nel merito, se volete sapere la definizione classica e consentita (si, avete capito bene, si è perfino stabilito quando sia consentito o meno parlare di Burn Out) vi consiglio di leggere un articolo, QUI.

A noi eventualmente interessa una riflessione sul problema, un po’ allargata .

Il Quiet Quitting

Con questo termine ci si riferisce soprattutto ad una sorta di “tirare i remi in barca“, fare il minimo indispensabile, e se possibile, ancora meno del minimo.

Può essere il campanello d’allarme di uno stress lavorativo che si muove sottobanco e che si trasformerà in Burn Out, ed è per questo che provocatoriamente lo chiamo “il cugino tendenzioso“.

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Anatomy of Work di Asana, studio americano sui problemi di questo tipo, ha evidenziato come ben sette dipendenti su dieci abbiano sofferto di Burn Out nell’ultimo anno. E questo ci dice che, quasi sicuramente, queste persone abbiano fatto il minimo indispensabile ed ancora di meno, essendo in una condizione di disagio, dando così forma al Quiet Quitting.

Il fenomeno è pertanto molto diffuso e probabilmente prenderò, come spesso accade, qualche spunto dalla psicobiologia del benessere.

Trovare la causa per sentirsi meglio

Se avete letto l’articolo sopra allegato riferito al Burn Out, e scritto peraltro molto bene con dovizia di particolari, appare evidente come da innata inclinazione umana, sia insita nell’uomo la ricerca di una spiegazione. Se piace di più, chiamiamola causa di un qualcosa.

Ricordate sempre, si cerca una spiegazione per timore dell’ignoto; quello che non si conosce, mette in allerta, fa paura.

Pertanto, istintivamente, si cerca una sola causa, la più probabile, e quando la vicenda è particolarmente complessa, si passa ad un elenco dal quale attingere una plausibile spiegazione.

Quiet Quitting Burn Out

Questa spiegazione serve anche a farci sentire in pace con la nostra coscienza, a rassicurarci, ad andare oltre. Certo, serve anche per cercare contromisure e provare così a risolvere ciò che è possibile risolvere, e vivere meglio.

Si fa questo però anche per mettere a tacere la cosa, per non parlarne più, per evitare di andare troppo a fondo e non trovarsi nudi di fronte a scoperte che potrebbero destabilizzare il nostro equilibrio.

E anche nella ricerca delle colpe, pur essendo argomento scomodo, si segue un copione simile: trovando un colpevole, l’autore materiale di qualcosa, l’ultimo anello debole del sistema, lo si punisce (anche se si dovrebbe rieducarlo e curarlo) e il discorso si ferma.

Tutta la comunità eviterà di andare troppo a fondo ad una questione, evitando così di scoprire di essere magari lei stessa più o meno responsabile, causa o concausa di quel problema.

Meglio fermarsi in tempo e liberarsi di riflessioni che potrebbero risultare fastidiose.

Per cui, nell’elenco delle possibili cause di questo malessere legato al Burn Out e di riflesso al Quiet Quitting, cerchiamo qualcosa che, nel quotidiano lavorativo, possa disturbare la persona, senza andare realmente a fondo al problema.

Il mondo evolve e si ragiona con vecchi schemi

Abbiamo creato una società basata sulla tecnologia, con scenari virtuali che potrebbero stravolgere drasticamente il nostro quotidiano.

Un tempo non si sapeva praticamente nulla di certi argomenti, se non quello che l’informazione – più o meno libera – portava nelle nostre case, attraverso la televisione, la radio e i giornali.

Quiet Quitting Burn Out

Poi c’era l’istruzione: ti insegnavano delle cose che davi per buone e ti indirizzavano ad essere parte di un sistema. Il sistema prevedeva e prevede tutt’ora che tu sia un ingranaggio di una macchina complessa che produce, consuma, produce e consuma. Quale che sia lo scopo di tutto ciò lo si ignora ed è argomento interessante solo per persone che cercano qualcosa oltre la punta del loro naso, peraltro senza avere risposte certe.

Cosa è cambiato allora?

È cambiata la comunicazione, e cambiando la comunicazione abbiamo dovuto fare i conti con notizie vere e false in grande quantità, ma anche e soprattutto con una consapevolezza allargata che, per molti, sta divenendo motivo di riflessione sul significato della vita.

Sono tutte vere le cause possibili che portano al Burn Out e descritte nel post allegato. Ma come spesso accade, per non dire sempre, è una misticanza di eventi infiniti a portare poi molti individui ad essere esausti di un sistema.

Tra queste vi è anche la conoscenza di problemi che un tempo erano tenuti alla larga dalle masse. Per mancanza di strumenti atti a divulgare e anche perché una società pensante, eretica, è sicuramente più difficile da gestire.

Ricordate per esempio lo slogan “vado a metano e rispetto l’ambiente?” Ecco, oggi sappiamo che non era proprio così.

Oggi sappiamo, sempre per esempio, che ogni anno consumiamo quasi il doppio di ciò che la terra riesce a produrre.

Le informazioni cambiano le coscienze ed i comportamenti

Nonostante le resistenze delle masse ai cambiamenti, che si manifestano poi nella gestione politica della cosa comune, una importante fetta degli esseri umani oggi comincia a pretendere più attenzione per l’ambiente ed un cambio drastico delle politiche sociali e del lavoro, come li abbiamo finora conosciuti.

Non è venuto nemmeno il dubbio che molta umanità voglia cambiare il proprio stile di vita, i modi di pensare e di agire, e che buona parte di essa non voglia più sentirsi responsabile della produzione ad ogni costo che tanti danni sta facendo al pianeta intero. Questa ipotesi non viene nemmeno presa in considerazione.

Eppure sono in molti oggi a chiedersi se, un sistema che danneggia l’ambiente e che consuma più di quanto la terra sia in grado di produrre, non sia da cambiare radicalmente.

The show must go on

Lo spettacolo deve continuare, certamente, e allora il pragmatismo esce fuori e contrattacca spazientito.

Se dilaga il Burn Out, poi chi li raccoglie i pomodori? E chi vorrà più fare lo spazzino?! Chi farà le pulizie a casa di chi, chi si occuperà degli anziani, chi farà il muratore?!

Ecco vedete, l’uomo, in linea di massima, non ha mezze misure. Non può accettare di rivedere il consolidato, si oppone ad ogni cambiamento. Perché il cambiamento implica per forza di cose una sofferenza, il cambiamento fa paura.

Adoperarsi, nel bene del pianeta, per cominciare a stabilire cosa sia essenziale e cosa lo sia di meno, quindi calando le produzioni e i consumi, va contro tutte le consolidate abitudini di una società basata sul mito della crescita, della competitività, di tutte quelle modalità insostenibili che hanno danneggiato la casa di tutti.

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Tra l’altro, in un pianeta dalle dimensioni finite, è quasi stupido non capire che non è possibile produrre sempre di più. Come puoi pretendere di crescere sempre se consumi ben oltre quello che la Terra riesce a riprodurre? Un mistero.

Dovremmo indire e premiare un indice di decrescita

Quiet Quitting e Burn Out sono segnali dolorosi di una società in parte stanca di correre senza sapere esattamente il motivo di tutta questa frenesia; sono altresì effetti collaterali di una parte sempre più grande della società che vuole rivedere il concetto di lavoro.

Stabilire cosa sia o non sia più sostenibile, è un lavoro. Monitorare severamente il rispetto di quanto deciso in tema di sostenibilità, è un lavoro. Stabilire quali e quanti siano gli ecomostri industriali in giro per il pianeta e fare un serio piano di smantellamento, motivandolo, spiegandolo, è un lavoro. Convertire alle energie sostenibili tutto ciò che è possibile convertire, è un lavoro, per giunta immenso.

Cambiare le prospettive di una specie animale, la nostra, che muore di malattie cardiache e tumori a causa dell’inquinamento, può essere un segnale apprezzato da buona parte della popolazione, che potrebbe tornare a sentirsi utile alla causa, tutelata, e meno costretta a fare cose che oggi ritiene dannose ed eticamente inaccettabili.

Quella “sgradevole moda” di condannare giovani che oggi vogliono una vita diversa, così come l’utilizzo di vecchi schemi mentali per dare una spiegazione a fenomeni seri quali il Burn Out e il Quiet Quitting, è il classico tentativo di sparare nel mucchio e cercare le colpe all’esterno, per pulire la propria coscienza, che perfettamente pulita non è.

Quiet quitting Burn Out

Non è certo nel bisogno e nella voglia di un mondo diverso e più attento all’ambiente che potremmo trovare i cosiddetti – e per certi versi – salvifici colpevoli, i criminali del sistema.

La storia sta cambiando: il bue continua a dire all’asino di essere cornuto, ma oggi l’asino pare stia studiando da cavallo e a certe panzane, comincia a non credere più.