In un contesto mondiale a dir poco problematico, si è tenuta in Egitto, dal 6 al 18 novembre, una versione “timida” della COP27.
Nella grande assemblea, si sono confrontate su innumerevoli temi ben 197 delegazioni mondiali.
Qualche passo in avanti con il freno a mano tirato
Se qualcosa si è mosso nella direzione dell’istituzione di un fondo per le perdite e i danni causati dall’uomo, la situazione rimane ancora molto problematica.
Le parole del segretario generale dell’ONU Antonio Gutierrez sono emblematiche:
“Accolgo con favore la decisione di istituire un fondo per le perdite e i danni rendendolo operativo nel prossimo periodo. Non sarà certamente sufficiente, ma è un segnale politico assolutamente necessario per ricostruire la fiducia infranta. per andare a risarcire i danni causati dai cambiamenti climatici. In ogni modo, il nostro Pianeta è ancora al pronto soccorso. È necessario pertanto ridurre drasticamente le emissioni adesso, e questo è un problema che non è stato affrontato. La Cop27 si è conclusa con molti compiti e poco tempo“.
La Cop27 e il benestare per il “Loss and Damage”
Il benestare al fondo Loss and damage (danni causati dai cambiamenti climatici antropogenici, ossia generati dall’uomo) riguarda somme di denaro che si metteranno a disposizione in un futuro ancora non bene definito.

Dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – essere una raccolta di denari nei paesi più sviluppati, ossia quelli che a livello industriale hanno prodotto più danni al clima. Soldi che poi verrebbero inviati ai paesi in via di sviluppo, per risarcirli dei danni causati dai cambiamenti.
Le condizioni poste dai paesi ricchi
Due sono essenzialmente le condizioni poste dai paesi ricchi:
- I soldi dovranno andare solo e soltanto verso i paesi più vulnerabili in rapporto ai danni derivanti da eventi meteorologici estremi.
- Tra coloro che elargiscono i fondi, deve comparire anche la Cina, che ha livelli di emissioni molto alti e disponibilità economiche importanti
Purtroppo, l’entità di questi versamenti verrà decisa il prossimo anno in occasione della COP28 di Dubai.
Domanda: dato che dobbiamo muoverci, che non c’è tempo da perdere, che la situazione climatica è drammatica, ma veramente non si poteva impegnarsi un pochino di più e risolvere fin da subito questa questione?
E poi, che altro?
Per quanto riguarda il capitolo “emissioni”, l’auspicato taglio deciso dell’inquinamento in questa timida COP27 non si è verificato.
A queste latitudini, incalzati da paesi limitrofi con evidenti interessi che mal si sposano con la riduzione drastica delle emanazioni nocive, un rallentamento dell’applicazione di certe misure può essere visto comunque come un risultato accettabile.
Per chi tifa per il clima, come noi, per chi esige un mondo decisamente diverso, più lento e rispettoso del pianeta e delle sue biodiversità, ovviamente no.
Per finire, a proposito delle latitudini sopra citate e di certi interessi: se a questo giro c’è stato un rallentamento, sicuri che ritornare il prossimo anno in zona non sia segnale premonitore di una ulteriore tentativo di frenata?